ANNA CANALI

ANNA CANALI

ARTE STRUKTURA

Cos’era arte struktura a Milano?

È stato un periodo di grande interesse, non soltanto per noi che avevamo ideato quest’attività ma anche per la città perché a distanza di 3 anni riceviamo giornalmente telefonate che ci rimproverano di non essere più a Milano che mancando noi è come se mancasse una parte della città. Infatti è stato un periodo di grande intensità, di lavoro, di partecipazione, di fusione anche se alle volte sembrava una cosa quasi fatta per gioco ma invece sotto c’era un grande impegno infatti lo stanno riconoscendo tutti e lo conoscevano anche allora.

Quando è nata?

Nasce nel ‘72 in via Mercato 1 a Milano e precedentemente nel ‘70 eravamo in via Celestino IV. Però nel ‘70 avevo aperto questo centro come un punto di riferimento per gli artisti ai quali noi volevamo coordinare, organizzare, promuovere la loro attività come fosse un’agenzia non con sede espositiva ma con uffici insomma. A questi artisti noi, dopo uno studio sul loro lavoro, avremmo potuto indicare il miglior comportamento per la diffusione del loro lavoro, dove poter esporre la loro opera, quali critici avrebbero potuto usare per la promozione del loro lavoro, i veicoli di diffusione, i musei, le gallerie d’arte cose così. Poiché nel ‘70 era un lavoro non riconosciuto in Italia, ci hanno preso per pazzi. Allora abbiamo deciso di cambiare sede e prendere uno spazio un po’ più grande e andare in via Mercato n. 1 dove fare anche le mostre come fosse una normale galleria tradizionale. Siccome era stata aperta come cooperativa, eravamo 11 soci che avevano idee diverse sulle tendenze dell’arte: a qualcuno piaceva il figurativo, altri la nuova figurazione, all’altro la situazione, io ero l’unica a cui piaceva l’arte costruita. E così abbiamo fatto 4 sale e in ogni sala c’era una tendenza ma dopo mesi di lavoro i miei soci hanno detto “qua non si guadagna abbastanza” e piano piano li ho liquidati e sono rimasta sola e infatti nell’ottobre del ‘72 ho fatto la prima inaugurazione e nel ‘73 ho cominciato, tralasciando le varie tendenze di cui ci occupavamo e scegliendo l’arte costruita ed esponendo le opere che a me interessavano. Ho cominciato con Eugenio Carmi, Rino Sernaglia, Paolo Scirpa, Miro Cusumano e altri di questo tipo e poi man mano che abbiamo fatto mostre, abbiamo proposto artisti, pionieri, prosecutori e giovani anche dall’accademia di Brera: abbiam fatto una mostra una volta sugli allievi di Brera, una mostra con ragazzi che avevano 18 anni appena ma abbiam fatto mostre anche di Robert Delaunay o Sonia Delaunay, Marcel Duchamp o il gruppo di astrattisti comasco piuttosto che pionieri dei paesi dell’Est della Russia o dei contemporanei nostri Bruno Munari, Carmelo Cappello…

Non era una galleria la nostra, non era mai stata considerata una galleria tradizionale, tant’è vero che i primi tempi se dovevamo fare una mostra durante le prime riunioni riunivamo delle persone, che potevano essere i critici, un operaio piuttosto che un insegnante, si faceva una riunione dove si dibatteva la possibilità di fare quella mostra lì e a seconda se piaceva o no ai nostri amici si poteva decidere se farla, o rimandarla o farla subito, specialmente dall’inizio, dopo, negli ultimi 8-10 anni, il mondo dell’arte è cambiato un po’ e la gente non aveva così voglia di partecipare alle problematiche dell’arte ma voleva vedersi il piatto già servito lì, per quello che era, anche se all’inizio c’era una forte partecipazione. E difatti gli artisti si son trovati molto bene e hanno contribuito a costruire la forma di Arte Struktura proprio perché credevano in questo modo di operare e farsi conoscere prima della mostra, finché quando arrivava l’inaugurazione la gente che entrava poteva già capire e apprezzare quello che era esposto cioè avevano una preparazione culturale anche.

Ma questa tua passione è nata dai genitori, dalla famiglia?

Sì, dunque mio padre era architetto ad honorem per i lavori che ha fatto in Francia dopo la prima guerra mondiale, e gli amici di casa Canali, cioè di mio padre, erano architetti, pittori, scultori, gente di questo tipo.

Venivano a casa nostra, specialmente quella sul lago a Gaino, che era grande-grande con una decina di camere per gli ospiti, un atelier lungo 15x5m dove c’erano 7 o 8 cavalletti, pittura, olio e tutto quello che poteva servire a un pittore o a uno scultore, la creta. Mio padre aveva scavato un pozzo in mezzo alla campagna nostra da dove potevano prendere l’argilla e da lì costruire le sculture. Io non potevo correre e andare in giro come gli altri bambini, a me piaceva stare in studio a guardare il loro lavoro, come impastavano il colore, guardare dei libri e da lì penso che sia partita la mia passione soprattutto da quando poi mio padre mi ha fatto vedere i libri d’arte, i lavori di Sant’Elia queste fantastiche situazioni per cui la mia mente è partita un po’ in quella direzione, e poi, sin da appena nati, i nostri genitori ci hanno insegnato ad apprezzare le cose belle, mio padre per certe cose mia madre per altre. Ma comunque loro due sono stati una coppia di personaggi piuttosto all’avanguardia perché ci hanno educato a stare insieme in tanti, perché la forza, la potenza è vivere in comunità, stare insieme per migliorare e diventar più bravi. Questo è stato un insegnamento vissuto in tutti i toni in famiglia, tanto è vero che anche quando si giocava con i quartieri, ragazzi del quartiere lottavano con i ragazzi di un altro quartiere, la nostra famiglia Canali era come se fosse un quartiere ma entravano a far parte del nostro clan tanti ragazzi, bambini perché si trovavano a vivere in una casa in cui gli spazi erano per i figli non per i grandi, messi a disposizione perché i giovani si divertissero in questa vita che stavano affrontando.

Quanti artisti son passati per arte struktura?

A dirti il vero non lo so ma dovrebbero essere circa mille milleduecento. 32 anni di attività a Milano dove per un certo periodo facevo dieci, dodici mostre all’anno di queste almeno tre erano di gruppo, rassegne in cui passavano 40-50 artisti, anche 100 alle volte per cui… però un giorno di questi faccio il conto visto che ormai sono in mezza pensione li contiamo, mi piacerebbe saperlo! Sono tanti e poi sono andata a conoscerli da Colonia a Parigi, da Atene a Dusseldorf, veder i loro studi, sentire del loro lavoro, è stata una ragione di vita per me che mi ha dato anche grosse soddisfazioni, io gli ho dedicato tutto. Magari altri avevano famiglia, galleristi bravi ma con meno tempo da dedicare alla lor attività, io ho dedicato tutta la mia vita alla conoscenza e diffusione di quest’arte, credo nel modo più assoluto nella matematica, nella geometria, nella razionalità e poi nell’etica e nella bellezza, perché son cose stupendamente belle. Non mi piacciono gli espressionismi pieni di sangue o di violenza, non mi soddisfano, per me non hanno ragione di essere, anche se ce l’hanno io non lo ritengo assolutamente interessante per me. Come in architettura mi piacciono i razionalisti così nella pittura, ammiro Gropius piuttosto che altri!

Quanto incide in te il tuo ruolo di collezionista?

Troppo (risata n.d.r.) perché mi innamoro dei quadri di quell’artista lì. Se amo il collezionista, quella persona lì perché è una persona intelligente allora non mi dispiace che questo mio quadro che amo vada nella sua casa ma se non lo amo me lo tengo e aspetto che vada da qualcuno che amo di più… è per questo che non ho fatto i soldi. È  una storia bella perché bello è esser collezionisti ma non troppo, il mio intento è fare dei cataloghi buoni che servano a diffondere l’arte ma se non vendo come faccio a fare i cataloghi? Devo vendere per fare i cataloghi, per diffondere l’opera di questo artista.

Dopo 35 anni tu hai dovuto chiudere o hai preso una decisione?

Se mi lasciavano in via Mercato avrei preferito restare lì. Anche se purtroppo non cammino adesso, son caduta e mi son anche addolorata in questo fatto e non mi sono dedicata alla mia salute per riprendere in modo intenso come avrei dovuto fare, sarei rimasta volentieri a Milano anche perché avevo ancora molte cose importanti da dire; un paese come Desenzano, dove mi sono trasferita, ha delle limitazioni insomma. Milano è un’altra cosa, ci sono tanti artisti coi quali lavoriamo e per quelli che vengono da via è più facile raggiungere Milano. Sarebbe facile anche qui perché col treno in un’ora e dieci ci sei, lo stesso tempo che impieghi per fare la Milano Nord Sud , ma non sei a Milano e allora… sei fuori dal giro.

All’inizio a livello finanziario non ne ho risentito, anzi ho venduto bene qua e quindi anche tutte le spese che dovevo affrontare le ho affrontate brillantemente senza il problema delle 100 lire. Adesso dopo che abbiamo organizzato mostre a Milano o anche in gallerie private o qui in posti pubblici, il resoconto finale si può dire positivo però il mio amore per Milano… mi manca il rapporto continuo con la gente anche, con gli artisti che venivano a parlare dei loro problemi, li risolvevamo, rapporti intensi, forti. Dopo mi è dispiaciuto l’assenteismo delle istituzioni nel mondo dell’arte, li ho trovati più partecipi qui che nel mondo dell’arte di Milano. Io non ho mai voluto mischiare la politica con l’arte perché l’arte è di per sé politica, per cui facendo scelta di questo tipo di arte fai già politica, non abbiamo dei leader ai quali appoggiarci.

Un ricordo di qualche artista…

Tanti anche perché sono personaggi particolari per cui la loro vita può essere non esemplare ma di un certo interesse, alcuni li ami di più perché hanno rappresentato una parte della vita.

Grignani, Munari, ma anche tra i giovani Miro Cusumano, Gianni Colombo, veniva quasi tutte le sere a trovarmi in galleria. Con consigli, con anche scambi di idee. Anche Agliani nella sua estrosità piuttosto che tanti altri più giovani Piergiorgio Zangara, Antonio Asis, Carmelo Arden Quin, di grande significato, Edoardo Landi. Loro non chiedono molto ti fanno capire quello che vogliono ma non fanno richieste, sono sempre dei timidi o riservati a parte alcuni come Munari estrosissimi e senza nessuna inibizione. A quasi tutti interessava fare delle belle mostre e un buon catalogo, piccolo e selettivo, senza spendere tanto perché loro non raggiungevano frange finanziarie elevate, erano conosciuti ma con cautela, mai dei boom nel campo di questa tendenza, successi e riconoscimenti con parsimonia. Anche se le case di tutti i miei artisti son tutte belle, dignitose e raffinite tanti son stati insegnanti bravissimi, in scuole e accademie, tanti nel campo della progettazione e della grafica, architettura etc. Tanti senza fare grandi ricchezze o portar la loro opera a valori altissimi hanno contribuito a fare passo per passo un ascesa non indifferente. Magari non chiedevano molto e facevano capire quello che gli sarebbe piaciuto e stava a me ad affrontare il loro desiderio o meno. Conoscevano la galleria, nessuno ha mai rifiutato di esporvi.

Erano quasi tutti contenti anche se poi dopo magari le aspettative a livello finanziario venivano un po’ deluse… io non sono stata una grande venditrice. Ho fatto una diffusione molto interessante ma tanti soldi ai miei artisti non glieli ho potuti dare. Ma far conoscere nel mondo l’arte di un personaggio penso sia più importante del danaro, quello dura nel tempo mentre il denaro finisce in questo tempo._Claudia Avventi/Giulio Malfer

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