MARCHIO UNICO
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In Occidente, il tatuaggio compare per la prima volta nei diari di James Cook, che usa il termine tattoo, di ritorno dal suo primo viaggio nei mari del Sud. Parola onomatopeica haitiana tau tau che riproduce il suono dello strumento usato per incidere le carni.
A partire dai resoconti dei viaggiatori del Settecento che si sedimenta una rappresentazione esotica di remote etnie, in cui i tatuaggi svolgono un ruolo fondamentale nel definire l’alterità di popoli sconosciuti.
Alla fine del XIX secolo l’uso di tatuarsi si diffuse anche fra le classi aristocratiche europee, tatuati celebri furono, ad esempio, lo Zar Nicola II e Sir Winston Churchill. Anche il criminologo Cesare Lombroso si è occupato di questo argomento definendo il tatuaggio un segno inequivocabile di personalità propensa a delinquere.
Proprio in virtù del suo alone maledetto, il tatuaggio raggiunge una notevole popolarità con la scena punk a metà degli anni settanta del secolo scorso, quando comincia a essere praticato e interpretato come una forma simbolica di ribellione.
Poi a partire dagli anni novanta, il tatuaggio diventa improvvisamente un segno diffuso e «normalizzato», soprattutto tra i giovani, vissuto senza più nessuna remora di ostracismo, e si trasforma in moda.
Il tatuaggio è oggi inteso come un’affermazione della propria ed irripetibile identità, un marchio inciso sulla pelle che sfida il tempo e la caducità del vivere._Giulio Malfer